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Le cose comuni nel duro lavoro

Affrontare gli studi di architettura alla fine degli anni Ottanta voleva dire imbattersi in un tomo di 992 pagine più bibliografie e indici, intitolato Storia dell'architettura moderna, edito da Laterza, scritto nel 1960, corretta e aggiornata nel 1987. Corrisponde al manuale di Diritto romano di chi si laurea in Giurisprudenza o a quello di Anatomia per Medicina. L'autore si chiamava Leonardo Benevolo il quale è stato architetto professionista -soprattutto urbanista- e docente universitario, nonché autore di numerosi testi che hanno contribuito ad indagare e cercare un ordine sistematico della nostra intricata disciplina. Un grande lavoro critico e storiografico che ha reso trasmissibili e confrontabili i movimenti e le poetiche degli autori che dalla modernità sono sfociati nel Movimento Moderno e nelle esperienze che nel secondo dopoguerra si stavano compiendo. Un'opera intellettuale peculiare per la determinazione con cui tenne legata la pratica architettonica ai movimenti sociali, riconoscendo una interdipendenza dei due fenomeni: l'abitare e il luogo in cui l'atto accade. Ne è conseguita la ricerca di una espressione dei linguaggi che hanno accomunato o distinto generazioni di architetti o singoli protagonisti, che hanno fatto sì che le persone si potessero identificare nelle opere costruite ed attorno alle quali ritrovare valori condivisi atti ad accomunarli in collettività. L'aspetto olivettiano di comunità ne ha caratterizzato gli indirizzi culturali, politici e le scelte professionali è un patrimonio e un indirizzo ancora oggi valido e condivisibile.
Al termine del secolo ha dato alle stampe L'architettura nel nuovo millennio, una ricapitolazione dei temi che hanno segnato il lascito delle avanguardie ed il loro tradursi nella diaspora dei singoli protagonisti che si stanno muovendo tra sperimentazioni e conferme, tra linguaggi conosciuti e neologismi costruttivi a volte difficili da interpretare.
Leonardo Benevolo se ne è andato, coincidenza, negli stessi giorni di Tullio De Mauro che alla diffusione della lingua e della cultura ha legato la propria esistenza. Entrambi hanno percorso e a volte segnato i lati della stessa strada, con vedute differenti ma accomunati dai medesimi intenti.

Quali modelli, tipologie, configurazioni spaziali, temi compositivi, aspetti tecnologici percorrere affinché si predispongano i luoghi di incontro, i terreni comuni sui quali dibattere, confrontarsi, essere società? Come tenere alto il progetto e denso di contenuti ed al tempo stesso comunicabile, aperto ed inclusivo? Oltre alle personali risposte o indirizzi, rimane da prendere il lascito di domande che di generazione in generazione di architetti ci si passa come un testimone, e accogliere il suo invito a vivere la professione tra gli altri specialisti, in perenne ascolto, per allestire "la scena costruita in cui vive la gente."

"L'idea di armonia non deve essere abbandonata ma rifusa nel lavoro quotidiano, come la gentilezza e il buon umore nel corso di un duro lavoro."


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