Ai più Venezia appare ancora oggi impigliata tra una iconografia che sa di grave predizione atavica e una sfacciata carnascialesca accondiscendenza al pop. Una sorda ambiguità che affonda le palificate sulle paludose e liquefatte visioni del Guardi, il quale pone una fosca distanza tra la lucentezza della Serenissima e ciò che sarebbe dovuto da lì in avanti a divenire con la caduta della Repubblica. Una mitologizzazione culturale moderna ben tratteggiata nella letteratura che muta, trattiene e stratifica negli ultimi quattro secoli fisiognomiche mutevolezze, dalla galanteria di Goldoni, alla passionalità decadente di Casanova, dalla poesia di Goethe, al non-essere di Byron, per giungere alla decadenza di Mann. Il culmine della venezianità architettonica sfocerà da una lato nel riconoscimento del palladianesimo internazionale quale linguaggio ambasciatore delle esperienze illuminate di molteplici menti locali, dall’altro lato senza riuscire ad oscurare la sovrapposizione di stili,
memorie di innovazione architettonica